“Anna e la Lettera”

Anna aveva sempre vissuto con i piedi nella terra e lo sguardo rivolto al cielo. La sua casetta in campagna, con le imposte verdi e le rose rampicanti, era il rifugio che aveva costruito con amore e pazienza. Ogni mattina si alzava prima dell’alba, annaffiava le sue piante, impastava il pane, raccoglieva le erbe aromatiche. Una vita semplice, dicevano tutti. Una vita “piccola”.

Marco, suo marito, l’amava a modo suo — un modo un po’ ruvido, impaziente, ironico. “Sei una contadina in fondo all’anima, Anna,” le diceva spesso, con quel tono che sembrava un complimento e una presa in giro allo stesso tempo. Non capiva perché lei si ostinasse a fare tutto con le mani, con lentezza, senza volere mai di più.

Una mattina d’autunno, però, qualcosa cambiò.

Il postino arrivò con una busta beige, sigillata con cura, intestata ad Anna con una calligrafia elegante e sconosciuta. Dentro c’era una lettera di uno studio legale di Torino. Una zia di secondo grado, mai conosciuta, era morta lasciandole un’eredità. Ma non si trattava di pochi risparmi — era una cifra che faceva tremare le mani. Case, terreni, investimenti. Una fortuna.

Anna lesse e rilesse quelle righe seduta sotto il suo pergolato, il sole che filtrava tra le foglie, il cuore che batteva piano ma forte.

Il giorno dopo, si avvicinò a Marco, che stava leggendo il giornale come ogni mattina, con la solita tazza di caffè troppo zuccherato.

“Marco,” disse, con voce pacata ma ferma, “c’è una cosa importante che devo dirti.”

Lui la guardò appena, sollevando un sopracciglio. Quando lei gli spiegò dell’eredità, Marco spalancò gli occhi. Poi rise, nervoso.

“Tu? Ricca? Ma dai, sarà uno scherzo… O un errore dell’avvocato.”

Anna sorrise. Non con sarcasmo, ma con quella dolcezza che nasce dalla certezza.

“Non sono solo la donna che pensavi. Io ho sempre saputo aspettare. E coltivare.”

Marco non disse nulla. In quel momento, per la prima volta, vide sua moglie davvero. Non la contadina. Non la donna modesta. Ma la roccia silenziosa che aveva tenuto insieme la casa, i sogni, le stagioni.

Quella sera, mentre il tramonto dipingeva d’oro i campi attorno, Anna pensava. Pensava alla città, agli investimenti, al lusso. Pensava anche al suo orto, alle mani sporche di terra, ai silenzi pieni che solo il vento tra gli alberi sa offrire.

Aveva tutto il potere per cambiare vita.

Ma forse, la vera forza era sapere che non ne aveva bisogno.